Molto spesso si tende a confondere l’indennità sostitutiva di mensa con i buoni pasto. Si tratta in entrambi i casi di misure volte a tutelare il lavoratore e offrirgli un benefit in più, ma le caratteristiche fra i due strumenti di welfare divergono in diversi punti. Vediamo allora quali sono le differenze
Gli strumenti di welfare, specialmente se legati alla pausa pranzo, sono molto richiesti dai lavoratori. Si tratta infatti di misure che potrebbero agevolare il bilancio mensile del dipendente o del collaboratore, specialmente in tempi in cui l’inflazione è molto alta. Questi strumenti sono principalmente due: indennità sostitutiva di mensa e buoni pasto. Anche se potrebbero sembrare molto simili in realtà sono trattati – ai fini fiscali e tassativi – in modo profondamente opposto.
Indennità sostitutiva di mensa: cos’è e quando conviene
Come si può intuire dal nome, l’indennità sostitutiva di mensa è concessa quando il datore di lavoro non è in grado di offrire servizio di ristorazione aziendale. Si tratta infatti di un’attività molto costosa e che richiede spazi ben identificati: non tutte le aziende italiane possono garantire tutti i requisiti richiesti dalla legge né tantomeno sostenerne i costi.
L’indennità sostitutiva di mensa si configura dunque come un compenso in denaro erogato direttamente in busta paga. Viene quindi addizionato al regolare stipendio mensile. È una misura interessante perché viene escluso ogni intermediario, però – d’altro canto – sia l’azienda che il lavoratore dovranno pagare su tali importi tutte le imposte previdenziali e contributive. La giurisprudenza ha specificato come questo tipo di compenso contribuisca a formare il reddito, e quindi deve essere tassato.
Ci sono solo alcuni casi in cui l’indennità sostitutiva di mensa è esente dalla tassazione, ovvero i seguenti:
- Addetti a cantieri edili;
- Addetti in strutture lavorative a carattere provvisorio;
- Lavoratori assegnati ad unità produttive in zone prive di servizi di ristorazione.
Buoni pasto: cosa sono e quando convengono
Passiamo invece ai buoni pasto, ovvero dei voucher comprati dal datore di lavoro ai propri dipendenti. Questi possono essere in forma cartacea (i classici blocchetti) o in forma elettronica (su card o app). I buoni pasto, se concessi a una platea uniforme di lavoratori, sono esenti da tassazione nei seguenti limiti:
- 4 euro al giorno per i buoni cartacei;
- 8 euro al giorno per i buoni elettronici.
I buoni possono essere spendibili in esercizi commerciali convenzionati (bar, ristoranti, ma anche supermarket o alimentari di quartiere). Le nuove tecnologie hanno portato anche allo sviluppo, da parte dei fornitori, di applicazioni interattive. Su queste è in genere possibile consultare il saldo residuo, poter fare la spesa online o ordinare cibo tramite il delivery.
Si tratta dell’alternativa prediletta da lavoratori (in quanto detassati) e dai datori di lavoro, i quali possono dedurre fiscalmente il valore dei buoni e approfittare dell’IVA agevolata al 4% sull’acquisto.