I buoni pasto sono apprezzatissimi da lavoratori, dipendenti, professionisti e datori di lavoro. Permettono infatti di offrire un servizio di welfare fondamentale a costi davvero ridotti. Ecco perché anche le piccole e medie imprese italiane dovrebbero considerare il loro utilizzo
La fotografia del tessuto imprenditoriale italiano ha più volte rilevato come la maggior parte delle aziende nel nostro Paese sia di piccola o media grandezza. Non a caso l’acronimo PMI ha guadagnato sempre più spazio in materia economica e sociale. Naturalmente alcune dinamiche valide per aziende molto grandi funzionano anche per le più piccole, fra queste i sistemi di welfare.
Il welfare aziendale, specialmente dopo la pandemia, è diventato un requisito sempre più ricercato dai lavoratori. Vedersi offerte garanzie sociali e non solo aiuta a creare un buon rapporto tra dipendente e datore di lavoro, migliorando – di conseguenza – l’attaccamento all’azienda e ai suoi valori. Di rimando, dunque, l’impresa stessa – di qualsiasi dimensione – vedrà aumentare il proprio prestigio sociale.
Ma il buono pasto non ha solo una funzione che riguarda il benessere del lavoratore, permette anche di risparmiare nell’attribuzione di un beneficio. Vediamo allora quali sono i vantaggi fiscali per le piccole aziende.
Buoni pasto per PMI: quali sono i costi per il datore di lavoro?
Molto spesso si tende a identificare il buono pasto con le necessità di una grande azienda: niente di più sbagliato. Lo strumento è ideale per qualsiasi lavoro in cui non sia garantita una mensa aziendale. A differenza dell’erogazione delle somme direttamente in busta paga, sia il dipendente che il lavoratore possono risparmiare molto – dal punto di vista fiscale – grazie all’introduzione dei buoni pasto, siano essi elettronici o cartacei.
I principali vantaggi fiscali
Nel caso in cui il buono sia offerto a tutti i lavoratori o a una determinata categoria (ad esempio tutti coloro assunti con contratto a 40 ore settimanali), l’azienda può usufruire di molteplici vantaggi fiscali come: deducibilità dell’importo del buono, senza alcun limite relativo al fatturato (come succede invece ad esempio per spese di trasferta); detraibilità dell’IVA, fissata al 4%; esenzione dei redditi provenienti da buoni pasto ai fini dei calcoli pensionistici e del TFR.
Il buono pasto conviene naturalmente anche al lavoratore per due ragioni: il primo è di ordine pratico. La maggior parte degli esercizi commerciali, specialmente se supermercati o esercizi di ristorazione nei pressi degli uffici, accetta i buoni pasto senza commissioni per il cliente. Il secondo motivo è di ordine fiscale: non si dovranno pagare tasse (come ad esempio l’IRPEF) se il buono pasto è di un valore inferiore o uguale rispetto a quello stabilito nella normativa.
Quali sono i limiti rispetto al valore nominale dei buoni pasto?
I vantaggi prima elencati si intendono validi qualora si emettano su base giornaliera buoni cartacei dal valore di 4 euro e buoni elettronici dal valore di 8 euro. L’eccedenza rispetto a queste cifre sarà tassata separatamente. Il legislatore ha quindi voluto prediligere la modalità elettronica, più sicura, comoda e sostenibile rispetto ai tradizionali blocchetti cartacei.